Come descriverebbe il suo lavoro e i cambiamenti che sta attraversando?
Il mio lavoro consiste nell’immaginare e progettare contenuti, strumenti e piattaforme digitali capaci di innovare la didattica e far evolvere il sistema educativo. È un lavoro che dà grande soddisfazione, in ogni momento si ha la consapevolezza di poter fare qualcosa di utile per le generazioni future e contribuire al cambiamento, che è nel DNA di questa professione. Le competenze necessarie per gestire il digitale si modificano di continuo. Quando ho cominciato a lavorare in editoria scolastica, nel 1998, mi occupavo di manuali cartacei prodotti secondo tempistiche cicliche. Il digitale si è imposto prepotentemente con la Legge 133 del 2008, che, di fatto, ha obbligato gli editori di scolastica ad adeguarsi prima di altri. Con il tempo, il digitale ha iniziato a uscire dai confini dell’editoria e della scuola, investendo altri ambiti educativi. Ora non lavoro solo per editori, ma anche per musei, fondazioni e produttori di edutainment. L’educazione digitale non è più confinata dentro la classe, come poteva essere anni fa, ma si articola in diversi settori che dialogano fra loro.
Quali sono le tecnologie che ha riscontrato come più utili per la didattica e più promettenti per il futuro?
Le tecnologie sono tutte utili; la difficoltà sta nell’individuare quale sia più adatta a un determinato scopo didattico e, per farlo, bisogna conoscerle. Le scelte sono infinite, si può progettare un viaggio immersivo in realtà aumentata, usare la gamification, che mutua regole e dinamiche ludiche dai videogiochi per applicarle all’apprendimento, o la costruzione di un mondo virtuale in metaverso: tutto dipende dall’obiettivo. Il digitale permette ai docenti non solo di velocizzare la didattica, offrendo più informazioni e più efficacemente, ma soprattutto di sperimentare metodi nuovi. Se, ad esempio, il mio obiettivo è motivare la classe alla lettura, oggi ho la possibilità di usare il social reading, una metodologia che permette agli studenti di avvicinare la letteratura all’interno di una app. Si tratta di un ecosistema digitale dove i ragazzi possono commentare i testi in modo semplice, collettivamente e contemporaneamente, scambiandosi impressioni immediate secondo le dinamiche tipiche dei social network, a loro ben note. Quest’interazione attiva e partecipativa alimenta competenze trasversali che sarebbe difficile sviluppare con la lettura analogica.
Gli strumenti digitali, quindi, al di là della singola disciplina, consentono di allenare i ragazzi ad affrontare la realtà, di vivere e di collaborare con gli altri?
La grande responsabilità della scuola è, a mio parere, non solo di insegnare italiano, matematica, e le altre discipline, ma anche di preparare gli studenti a vivere il mondo contemporaneo. E quindi è necessario coltivare competenze non solo disciplinari, ma anche comportamentali che riguardano il mondo digitale. Oggi si parla molto di intelligenza artificiale; ci sono pareri favorevoli e contrari, ma, a prescindere dalle opinioni, la scuola deve insegnare come e per quali scopi utilizzare l’AI e gli altri strumenti digitali. Un esempio significativo in tal senso è il progetto Un mito ci vuole, un’avventura educativa che ha coinvolto oltre settanta studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado di Lombardia, Campania e Calabria. In questo progetto, gli studenti, lavorando a distanza con il prezioso supporto dei docenti, hanno ideato e realizzato un eduverso, un metaverso educativo interamente dedicato alla mitologia, ovvero un ambiente virtuale immersivo popolato di eroi e divinità, in cui i visitatori possono muoversi, esplorare, scoprire e interagire. Ho avuto la fortuna di essere coinvolta fin dall’inizio in questo progetto, supportando i docenti nella sua realizzazione. Un osservatorio molto interessante che ha evidenziato in modo chiaro come sia possibile mettere in pratica una didattica innovativa capace di favorire l’acquisizione di conoscenze e lo sviluppo di un numero elevatissimo di competenze, come pensiero critico, problem solving, collaborazione e comunicazione efficace, solo per citarne alcune. A breve su Learning Curve sarà pubblicato un approfondimento dedicato alle metodologie che, come il metaverso, prevedono l’utilizzo di contenuti virtuali e immersivi, per esplorare come possano rivoluzionare la didattica e renderla sempre più coinvolgente e cooperativa.

Il primo MitiVerso dedicato al racconto esperienziale e immersivo della Mitologia Greca
È necessario coltivare competenze non solo disciplinari, ma anche comportamentali che riguardano il mondo digitale. Oggi si parla molto di intelligenza artificiale; ci sono pareri favorevoli e contrari, ma, a prescindere dalle opinioni, la scuola deve insegnare come e per quali scopi utilizzare l’AI e gli altri strumenti digitali.
C’è, però, chi teme che un uso massiccio delle tecnologie digitali possa atrofizzare gli scambi umani e le competenze emotive. Secondo lei, questo rischio è reale e, se sì, come si può scongiurare?
Questa è una domanda che mi pongo spesso. Perché siamo di fronte a una completa smaterializzazione e a un cambiamento epocale che, con l’intelligenza artificiale, si preannuncia infinitamente più veloce e radicale di quello che abbiamo vissuto con l’arrivo del web. Nel mio lavoro, però, noto che questa smaterializzazione sta anche provocando una reazione opposta: un bisogno profondo di materialità e umanità. Non è più possibile una didattica che prevede attività compilative da svolgere in autonomia come la stesura di testi o ricerche che l’AI farebbe al posto degli studenti. Serve vedersi, confrontarsi, interagire in carne e ossa. È necessario cambiare modo di insegnare. L’impiego di metodologie ibride va in questa direzione. Penso al lavoro che facciamo con Brickslab, una piattaforma in cui mettiamo a disposizione mattoncini di contenuto per la didattica (video, immagini, podcast, animazioni, tour virtuali…) che permettono esperienze miste. L’inizio del percorso è digitale ma la piattaforma suggerisce poi un’attività conclusiva da svolgersi in presenza che sia il più informale e collaborativa possibile. L’esperienza inizia sul web e approda in classe, dove il docente ha sempre in mano il boccino. Secondo me, in questo mondo che cambia, l’insegnante, che a volte sente la propria autorità defraudata, in realtà ha un ruolo ancora più importante, perché può decidere quali percorsi intraprendere e come integrarli. Più gli strumenti diventano complessi, più la figura di un buon mediatore si fa imprescindibile.
E dal punto di vista dello studente quali sono i benefici che una didattica digitale o integrata apporta all’apprendimento?
Il vantaggio per gli studenti è innanzitutto quello di imparare utilizzando strumenti che parlano la loro lingua: questo incentiva il coinvolgimento e la concentrazione, che sono fondamentali nel processo di apprendimento. Penso ad esempio al progetto BricksLab La Com3dia – Dante in realtà virtuale tra presente e passato, un percorso immersivo in nove canti che intreccia l’opera dantesca ai grandi temi di cittadinanza. Un viaggio tra illustrazioni straordinarie, ricostruzioni interattive, audio ed effetti sonori, oltre a testi, video e graphic novel. I docenti che l’hanno adottata hanno notato un cambiamento radicale: studenti inizialmente poco interessati a Dante hanno iniziato a chiedere di leggerlo e persino di “sperimentarlo” in classe. Può sembrare un dettaglio, ma questi trigger accendono la curiosità e offrono ai docenti un punto di partenza efficace per costruire un percorso didattico coinvolgente. Importante è poi l’aspetto dell’esperienzialità: penso, ad esempio, alla possibilità per gli istituti tecnici e professionali di proporre attività immersive attraverso la realtà aumentata, grazie a cui i ragazzi imparano concretamente a svolgere determinate mansioni (come, ad esempio, progettare un circuito elettrico o un albero motore). Inoltre, questi nuovi strumenti consentono di mettere in pratica un’agile e significativa personalizzazione didattica, indispensabile per rendere la scuola un luogo di tutti, in grado di accogliere e formare ciascuno secondo i propri bisogni.

Il progetto BricksLab La Com3dia – Dante in realtà virtuale tra presente e passato
Alla luce di tutto questo, come cambierà, secondo lei, il lavoro del docente?
Ciò che non cambia è l’impatto elevatissimo del mestiere di insegnante: la possibilità di rivoluzionare la vita della classe e dei singoli studenti. Le nuove tecnologie offrono solo strumenti aggiuntivi per farlo. Nella mia esperienza vedo diversi approcci: ci sono docenti che hanno un’innata spinta a guardare avanti, altri che coltivano resistenze. Ci sono poi docenti visionari, che aprono nuove vie e di solito sono molto generosi, disposti a condividere le proprie esperienze. Credo che per gli insegnanti si apra un periodo complicato ma anche interessante e divertente, in cui assume un ruolo centrale la curiosità, una qualità che fa intrinsecamente parte della loro professione. La strada che, secondo me, non si può percorrere è quella di rifiutare la tecnologia e tornare indietro, perché in questo modo si aprirebbe un gap incolmabile di linguaggio ed esperienza con i propri studenti. Piuttosto, credo che i docenti dovranno puntare su una qualità che da sempre appartiene a questo mestiere, la creatività, la capacità di immaginare percorsi diversi, che poi è anche il cuore della didattica digitale.
Credo che i docenti dovranno puntare su una qualità che da sempre appartiene a questo mestiere, la creatività, la capacità di immaginare percorsi diversi, che poi è anche il cuore della didattica digitale.
Maria Vittoria Alfieri
Esperta di Digital Education, lavora dal 1998 nell’editoria scolastica occupandosi di scuola, innovazione e tecnologia, progettando contenuti, strumenti e piattaforme per una didattica attuale e potenziata dal digitale. Ha contribuito e contribuisce a individuare modelli in grado di traghettare il mondo dell’education verso un modus operandi attuale e integrato in una quotidianità in continuo e veloce cambiamento. È ideatrice e direttrice editoriale della piattaforma didattica Brickslab e docente presso il Master Professione editoria cartacea e digitale dell’Università Cattolica di Milano. Affianca inoltre editori, musei, aziende ed enti che sviluppano progetti educativi e di edutainment, per ideare soluzioni innovative e valorizzare l’esperienza di apprendimento.