1. Home
  2. /
  3. Intervista
  4. /
  5. Imparare l’educazione ambientale al cinema
Un fotogramma del cortometraggio The Feast (2023, regia di Rishi Chandna).
30 Gennaio 2025
30 Gennaio 2024

Imparare l’educazione ambientale al cinema

Le storie hanno il grande potere di farci immedesimare con i protagonisti, e forse è proprio per questo che usare il cinema per parlare di educazione ambientale è una strategia vincente. Lo racconta Lia Furxhi, direttrice del festival CinemAmbiente.
Intervista a Lia Furxhi,
vicepresidente dell’AIACE (Associazione Italiana Amici Cinema d’Essai) e direttrice del festival cinematografico CinemAmbiente
Tempo di lettura stimato: 10 minuti
In un’epoca in cui gli schermi sono diventati parte integrante del nostro quotidiano, quello per eccellenza sta perdendo la sua centralità. Il cinema ha perso gran parte del suo potere attrattivo verso le giovani generazioni, eppure può rappresentare uno strumento efficace in ambito formativo. Lo sa bene Lia Furxhi, vicepresidente dell’AIACE (Associazione Italiana Amici Cinema d’Essai), nonché direttrice di CinemAmbiente dal 2024, ma dal 2016 responsabile della programmazione del festival, e prima ancora, dal 2012 al 2014, direttrice del festival Sottodiciotto.

Partendo dalla sua ultima esperienza con CinemAmbiente, che ruolo gioca il cinema nel campo dell’educazione ambientale?

 

Far vedere film incentrati su tematiche ambientali ai bambini, ai ragazzini e ai ragazzi delle scuole superiori ha un impatto decisamente forte. E direi che ha una duplice valenza: oltre che per la tematica ambientale, spesso scopriamo che molti ragazzi non sono mai entrati in un cinema e, quindi, portarli in sala in occasione di CinemAmbiente è un’esperienza doppiamente formativa.

Per rendere più efficace il messaggio e conquistare l’attenzione degli spettatori, scegliamo soprattutto film che raccontano storie, non documentari didattici. Se, ad esempio, vogliamo spiegare loro come i cambiamenti climatici causano l’innalzamento degli oceani e come questo fenomeno, a sua volta, per molte popolazioni del Bangladesh implichi la necessità di abbandonare le cittadine costiere o accettare di vivere perennemente sommersi, proponiamo storie di persone. Cerchiamo di coinvolgerli emotivamente, perché se un ragazzino di dodici o tredici anni vede sul grande schermo la storia di Afrin in Bangladesh (il film Afrin nel mondo sommerso è stato proposto alle scuole durante l’edizione 2024 del festival, N.d.R.), che è costretta a vivere praticamente su una zattera, sicuramente l’impatto è maggiore e si fa un’idea concreta delle conseguenze dell’innalzamento degli oceani.

Come costruisce queste occasioni di incontro e confronto CinemAmbiente?

 

Ripercorrendo brevemente la storia delle attività educative di CinemAmbiente, da sempre esiste una sezione dedicata alle scuole, prima si chiamava Eco Kids, poi è diventata CinemAmbiente Junior. Negli ultimi sei anni alla proposta di film per le scuole abbiamo aggiunto il concorso dei cortometraggi realizzati dalle scuole a tema ambientale, un po’ sulla scorta di quello che fa Sottodiciotto, il festival che dà spazio ai prodotti audiovisivi realizzati dagli under 18 e a al cinema legato ai temi dell’infanzia, dell’adolescenza e della gioventù.

Per quanto riguarda le proiezioni, come vengono strutturati gli incontri con le scuole?

 

La parte dedicata alle scuole anticipa il festival e si svolge da gennaio a maggio: ogni dieci giorni proponiamo un film per diverse fasce d’età e abbiniamo le proiezioni a momenti di approfondimento, con l’intervento di esperti che partono dal tema del film per animare un dibattito con i ragazzi. E per le scuole non torinesi offriamo gli stessi film in streaming per una settimana, e abbiniamo alla pellicola la registrazione dell’incontro con gli esperti.
Educazione ambientale al cinema: Un fotogramma del documentario Afrim nel mondo sommerso (2023, regia di Angelos Rallis).

Un fotogramma di Afrim nel mondo sommerso (2023, regia di Angelos Rallis).

Com’è la risposta degli alunni?

In generale abbiamo feedback molto positivi, i dibattiti sono sempre partecipati e animati. E anche dalle scuole che guardano i film online ci arrivano racconti interessanti: spesso la proiezione diventa il punto di partenza per un percorso di educazione ambientale, che rientra nel voto di educazione civica.

Questo percorso, in cui il cinema diventa il punto di partenza di un percorso di formazione su tematiche ambientali, si rivela efficace?

Per quella che è la nostra piccola esperienza, l’educazione ambientale fatta attraverso il cinema è un ottimo strumento. E non vale solo per i ragazzi, ma anche per gli adulti. L’esperienza stessa di guardare un film è sufficientemente immersiva: ti ritrovi nella sala buia, catapultato dentro una storia e, per la situazione stessa in cui ti trovi, è più facile concentrarsi su quello che accade sullo schermo. Ogni tanto facciamo delle incursioni in sala per vedere se ci sono molti schermi di cellulari accesi durante la proiezione e devo dire che sono sempre pochi. Segno che il livello di attenzione resta alto.
educazione ambientale al cinema proiezione durante il festival Cinemambiente

Una proiezione all’aperto del CinemAmbiente. Sullo schermo, un fotogramma del cortometraggio L’ultima ape (2023, Studio Mu Film, disegni di Monica Torasso).

E la parte di concorso rivolto agli studenti come funziona? Che risposte avete?

 

Quello che riscontriamo dai filmati che ci mandano è che ci sono fondamentalmente due filoni tematici principali che vengono scelti dai ragazzi. Da un lato raccontano le buone pratiche: ci sono classi che fanno l’orto a scuola o in cui si cerca di formare alla raccolta differenziata o ancora in cui si insegna a proteggere gli animali. Dall’altro lato, soprattutto per quanto riguarda i ragazzi più grandi, ci sono lavori sull’attivismo, soprattutto dopo Greta. E, allora, si raccontano le storie di piccole comunità che mettono in atto azioni ambientali mirate, dal piccolo Comune al quartiere. È interessante questa attenzione al territorio, a piccoli gesti concreti.

Ampliando lo sguardo oltre la tematica ambientale, partendo anche dalla sua esperienza al festival Sottodiciotto, che ruolo può giocare il cinema in un percorso educativo?

Credo che il ragionamento debba muoversi in due direzioni. Innanzitutto, credo che l’educazione al cinema, che è poi l’educazione agli audiovisivi, sia fondamentale. I ragazzi stanno tutto il giorno davanti a uno schermo, a guardare video, se lo facessero con maggiore consapevolezza non sarebbe male. È importante che capiscano che un film, un documentario, un cartone animato, non sono la stessa cosa di schiacciare il tasto “rec” del telefonino, fare due inquadrature e caricare una storia sui social. È importante capiscano che dietro ci sono professionalità, che a seconda di come si inquadra qualcosa cambia il modo di raccontare ed emerge un’intenzione dell’autore di veicolare un messaggio piuttosto che un altro, e sarebbe importante non subirli passivamente e acriticamente questi messaggi. In quest’ottica un minimo di linguaggio cinematografico sarebbe fondamentale, per piccoli e grandi. Poi, si può usare il cinema come incipit di percorsi di educazione civica, arte, letteratura. Il film può essere utilizzato partendo dalla storia che affronta e può essere un ottimo strumento d’innesco per un approfondimento.

E per la sua esperienza, qual è il rapporto tra scuola e audiovisivo?

Ci sono molte scuole che fanno corsi e laboratori di educazione all’immagine. Soprattutto alle elementari, dove si fanno spesso laboratori di animazione, i bambini imparano a lavorare con l’animazione in stop motion. A volte è capitato anche a me di andare nelle classi portando cortometraggi che diventavano il punto di partenza per affrontare le tematiche ambientali.

Credo che l’educazione al cinema, che è poi l’educazione agli audiovisivi, sia fondamentale. I ragazzi stanno tutto il giorno davanti a uno schermo, a guardare video, se lo facessero con maggiore consapevolezza non sarebbe male.

Si diceva che le nuove generazioni prediligono gli schermi piccoli degli smartphone a quello grande delle sale. Come si può riaprire un dialogo?

Credo che sia quello che tutti ci stiamo domandando. Per i festival, proporre un programma alle scuole, per cui sono i professori che prendono la classe e la portano al cinema, è la soluzione per avere pubblico giovane. Nel caso specifico, poi, CinemAmbiente si propone come utile strumento di educazione ambientale, offrendo spunti e contenuti specifici per l’insegnamento dell’Educazione civica.

Di conseguenza, abbiamo una grande adesione da parte delle scuole. Ma portare i ragazzi al cinema in autonomia, in questo momento, nessuno sa come farlo, anche se poi ci sono film come Everything Everywhere All at Once che riempiono le sale di giovanissimi e non si riesce a capire come sia nato questo passaparola.

Ma pensare a una ricetta per portare i giovani in sala… Non riesco nemmeno con i miei figli. Neanche quando le proiezioni sono gratuite.

di Luca Indemini

Lia Furxhi

Laureata in Storia e Critica del Cinema all’Università degli Studi di Torino, Lia Furxhi ha lavorato come production manager con importanti registi tra cui Davide Ferrario, Daniele Gaglianone e Gianluca Tavarelli. Ha collaborato all’organizzazione e alla programmazione di diversi festival (FilmBreve, Sottodiciotto Film Festival e CinemAmbiente, di cui è direttrice dal 2024), e alla creazione del Centro Nazionale del Cortometraggio. È autrice di diverse pubblicazioni tra cui Le forme del corto (2007), dedicata al cortometraggio italiano.