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20 Febbraio 2025
20 Febbraio 2025

Boris Cyrulnik: trauma e apprendimento

Studioso e saggista di fama mondiale, Boris Cyrulnik racconta la sua idea di insegnamento e quelli che secondo lui sono i punti cardine per far crescere serenamente i bambini.

Intervista a Boris Cyrulnik,
neurologo, etologo, psicoanalista e psichiatra
Tempo di lettura stimato: 9 minuti
«La resilienza» esordisce Boris Cyrulnik in apertura d’intervista «è la ripresa di un nuovo sviluppo dopo un trauma». Una definizione semplice per un concetto fondamentale nel pensiero di un grande maestro. Neuropsichiatra francese di fama mondiale, psicanalista, etologo e autore di saggi di successo, Cyrulnik è un pioniere nello studio della resilienza e del superamento del trauma. Nato nel 1937 a Bordeaux da genitori ebrei dell’Est Europa, deportati e uccisi ad Auschwitz, il piccolo Boris riuscì a salvarsi dall’Olocausto fuggendo e nascondendosi per anni fino a quando non fu accolto da una zia. Un trauma che ha segnato la sua infanzia, ma da cui è rinato, grazie al supporto di chi ha avuto vicino, alla sicurezza ritrovata, alla possibilità di comprendere il proprio dolore trasformandolo in una nuova opportunità. Nelle sue opere, a proposito del percorso di ricostruzione del sé, Cyrulnik sottolinea l’importanza della narrazione del trauma, delle relazioni affettive e di contesti come la scuola, che lui stesso ha studiato e analizzato partendo da paesi e culture molto diverse.

Esiste un modello scolastico a cui ispirarsi, che sia rispettoso dei ritmi biologici d’apprendimento di un bambino?

 

Fino ai dieci anni, i bambini delle scuole del Nord Europa, come quelle finlandesi, sono in ritardo rispetto alla media dei loro coetanei europei; poi a quindici anni sono i primi nei test internazionali di valutazione. Quando ho lavorato in Finlandia, ho visto insegnanti spiegare le lezioni ai bambini, senza che questi capissero alcunché; ma il fatto di rallentare il loro sviluppo scolastico senza ricevere pressioni permetteva loro di acquisire fiducia. Inoltre, il fatto di assegnare i voti solo a partire dagli undici anni evita di umiliare i bambini con giudizi prematuri.

Anche in Giappone, dove in passato si imponeva ai bambini di frequentare due scuole, una obbligatoria durante il giorno e una serale, quando si è deciso di rallentare il ritmo scolastico e abolire le scuole serali la conseguenza è stata una riduzione dei suicidi infantili, con risultati scolastici comunque ottimi. In generale, ci siamo dimenticati dei ritmi biologici dell’apprendimento, imponendo ai bambini tempi e metodi che non rispettano la loro natura.

Uno degli aspetti più importanti per la crescita di un bambino è il rapporto con il suo insegnante, che può influenzarlo sia in senso positivo sia negativo. La sua storia personale lo dimostra. Ma quali caratteristiche deve avere un buon insegnante?

Si è buoni insegnanti in relazione a un certo alunno. Un insegnante può essere perfetto per un bambino, ma inadatto per il suo compagno. Tutto dipende dall’interazione che nasce tra i due. In realtà, quasi tutti i bambini si sentono rassicurati dall’autorità. Il concetto di “divieto” è una struttura affettiva fondamentale: non puoi fare tutto ciò che vuoi, devi rispettare le regole. La riduzione di regole e divieti porta i bambini a comportarsi in modo disordinato, causa problemi nelle relazioni sociali e aumenta la loro ansia. Tuttavia, avere autorità e autorevolezza non vuol dire esercitare un qualche tipo di violenza, e la violenza peggiore per un bambino è l’isolamento sensoriale e affettivo: un ambiente privo di questi stimoli, come hanno mostrato le neuroimmagini, porta a un’atrofia dei lobi prefrontali, dei circuiti limbici della memoria e delle emozioni.

E quali sono le conseguenze di questa atrofia cerebrale?

Una delle funzioni del lobo prefrontale è inibire l’amigdala, che è il centro delle emozioni intense come odio, rabbia e disperazione. Se il lobo prefrontale è atrofizzato, a causa della mancanza di relazioni e interazioni, l’amigdala non viene regolata e questo rende i bambini, soprattutto i maschi, incapaci di controllare le proprie emozioni, portandoli ad agire d’impulso: attaccano, mordono e diventano aggressivi. Il 5% dei maschi nelle strutture per l’infanzia mostra comportamenti aggressivi e ha difficoltà ad apprendere. Di contro, solo lo 0,8% delle bambine manifesta simili comportamenti, dimostrando una maggiore resistenza alla mancanza di stimoli. Lo sviluppo cerebrale è dunque strettamente influenzato dall’ambiente in cui cresce un bambino.
Educazione ambientale al cinema: Un fotogramma del documentario Afrim nel mondo sommerso (2023, regia di Angelos Rallis).

© Nguyen Minh Tam, iStock

E così conflitti e traumi vissuti nel contesto familiare si riverberano nella scuola. Ma cosa può fare la scuola per aiutare questi ragazzi?

In certi contesti familiari, i bambini fanno fatica a svilupparsi magari perché hanno un genitore indigente, ansioso e angosciato, o perché i genitori litigano davanti ai figli: è estremamente destabilizzante per lo sviluppo infantile. Questi bambini non trovano piacere nell’apprendere, hanno paura della scuola, non si sentono sicuri nemmeno in famiglia e, come conseguenza, i risultati scolastici sono molto scarsi. Un legame sicuro in famiglia, così come a scuola con l’insegnante, dà fiducia e migliora l’apprendimento. Non è una questione di intelligenza e qualità cerebrali, ma di qualità delle relazioni, e noi educatori possiamo intervenire sull’ambiente creando scuole che diano sicurezza e che siano stimolanti.

La comunità deve essere in pace e tutti devono essere coinvolti nell’educazione dei bambini, non solo i genitori, non solo gli insegnanti, ma anche i vicini, le società sportive, la banda del quartiere. Quando un bambino cresce in un ambiente che lo circonda e lo sostiene, ha molte più probabilità di farcela.

Nel suo lavoro lei sottolinea spesso l’importanza del corpo e dell’esercizio fisico. Il corpo è un vero e proprio linguaggio delle emozioni: le gioie, le paure, le tristezze si inscrivono nel corpo, influenzando la postura, l’espressione del viso, il respiro. Che relazione c’è fra il benessere fisico e l’apprendimento scolastico?

Il corpo è la conseguenza della mente, che a sua volta è la conseguenza di relazioni alterate. Quando un bambino non si sente al sicuro soffre, e il suo elettroencefalogramma mostra un anticipo del sonno paradossale, cioè della fase REM, che sopprime le onde lente della fase precedente, cioè le onde che stimolano la base del cervello responsabile della secrezione degli ormoni della crescita e degli ormoni sessuali.

Dormire male influisce sull’apprendimento, perché una delle funzioni del sonno è stimolare la memoria e consentire al corpo di recuperare. Ma se un bambino dorme male a causa dell’ansia o delle tensioni tra i genitori, cresce anche meno, perché produce meno ormone della crescita e meno ormoni sessuali. Quando ho lavorato in Romania e in Canada, tra gli orfani di Duplessis, ho potuto osservare che i bambini cresciuti in un ambiente ostile sono più piccoli di statura e hanno problemi di memoria, si svegliano stanchi perché durante la notte non hanno prodotto abbastanza ormone della crescita, ma soprattutto, come ha mostrato il premio Nobel Elizabeth Blackburn nei sui studi di epigenetica, le estremità dei loro cromosomi, i telomeri, si accorciano più velocemente. Questi bambini invecchiano più rapidamente, e a causa di questo invecchiamento precoce sono spesso infelici, di cattivo umore, hanno difficoltà a costruire relazioni e ad apprendere.

Oggi, i confini tra il ruolo della famiglia e quello della scuola sono sempre più sfumati, ma qual è il giusto equilibrio per un sano sviluppo del bambino?

Un genitore single non basta per crescere un bambino, ma neppure una coppia, o una famiglia: serve un intero villaggio. La comunità deve essere in pace e tutti devono essere coinvolti nell’educazione dei bambini, non solo i genitori, non solo gli insegnanti, ma anche i vicini, le società sportive, la banda del quartiere. Quando un bambino cresce in un ambiente che lo circonda e lo sostiene, ha molte più probabilità di farcela.

Boris Cyrulnik

Neurologo, etologo, psicoanalista e psichiatra, nel 1943 Boris Cyrulnik riuscì a sfuggire alla deportazione nascondendosi nel bagno della sinagoga di Bordeaux. Ambientalista militante, è tra i fondatori della disciplina dell’etologia umana e ha contribuito allo studio del concetto di resilienza. In Italia ha pubblicato Il dolore meraviglioso (Frassinelli, 2000), I brutti anatroccoli (Frassinelli, 2002), Il coraggio di crescere (Frassinelli, 2004), Costruire la resilienza (Erikson, 2005),  Autobiografia di uno spaventapasseri (Raffaello Cortina, 2009), La vergogna (Codice edizioni, 2011), La vita dopo Auschwitz (Mondadori, 2014), Morire d’infanzia (Codice edizoni, 2014), Psicoterapia di Dio (Bollati Boringhieri, 2018), La comodità del male (il Margine, 2023).

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